L'eco dei buchi neri: trovate otto nuove fonti di questo fenomeno - AstroSpace.it

2022-12-20 11:31:27 By : Mr. Chao Han

Immagine simulata di un buco nero e dei suoi dintorni, mentre deforma lo spazio-tempo. Credits: NASA/ESA/Gaia/DPAC

Sono decine di milioni i buchi neri che popolano la Via Lattea. La nostra galassia è quindi sede di un numero esorbitante di pozzi gravitazionali dello spaziotempo dentro cui tutto cade, attirato dall’enorme gravità. E sono neri proprio perché nelle loro fauci vi precipita anche la luce, senza scampo.

Tuttavia, le cose cambiano quando un buco nero fagocita il gas e la polvere di una stella che gli orbita attorno, risucchiandoli nel proprio disco rotante. In questo caso, il buco nero può emettere spettacolari flares di raggi-X, ovvero dei potenti flash di luce nei raggi-X, che rimbalzano ed echeggiano sul gas. Questo eco illumina per breve tempo i dintorni del buco nero.

Di recente, un team di ricercatori del MIT (Massachussets Institute of Technology) ha sfruttato un nuovo strumento di machine learning particolarmente interessante. Esso, nel corso della ricerca di flares ed echi dai buchi neri vicini a noi, li ha portati a scoprire ben otto nuovi binari di buchi neri che stanno “echeggiando” nella nostra galassia. La ricerca è stata pubblicata su The Astrophysical Journal.

Lo strumento di ricerca automatizzato che hanno sfruttato gli astronomi del MIT è stato denominato “Reverberation Machine”, tradotto macchina del riverbero. Si tratterebbe di un algoritmo di ricerca che permette di esaminare i dati satellitari alla ricerca di segnali di buchi neri echeggianti.

La macchina del riverbero ha esaminato i dati presi dalla Neutron star Interior Composition Explorer (NICER) della NASA. NICER è un telescopio a raggi -X ad alta risoluzione a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. L’algoritmo ha individuato 26 sistemi binari di raggi-X di buchi neri che in precedenza erano noti per emettere flares di raggi X. Di questi 26, il team ha scoperto che 10 sistemi erano abbastanza vicini e luminosi da poter discernere gli echi dei raggi-X. In precedenza, otto dei 10 non erano noti per emettere echi.

Quindi gli scienziati hanno scoperto otto nuovi sistemi binari in cui un buco nero sta emettendo raggi-X mentre fagocita il gas di una stella orbitante attorno a sé. Finora erano solo due nella Via Lattea i sistemi noti per emettere echi di raggi X. Lo studente del MIT Jingyi Wang, autore principale dello studio, aggiunge: “I buchi neri di questi otto sistemi hanno una massa da cinque a 15 volte la massa del Sole. Sono tutti in sistemi binari con stelle normali, di piccola massa, simili al sole”.

Confrontando gli echi dei diversi sistemi binari, il team ha messo insieme un quadro generale di come si evolve un buco nero durante questo particolare fenomeno. In tutti i sistemi, esso prima genera una corona di fotoni ad alta energia e un getto di particelle relativistiche a velocità prossime a quelle della luce. A un certo punto il buco nero emette un lampo finale di raggi-X, prima di passare a uno stato di energia più bassa.

I ricercatori hanno quindi sfruttato l’algoritmo di ricerca sui 10 sistemi binari individuati tra i dati di NICER e li hanno divisi in gruppi con simili “caratteristiche di temporizzazione spettrale”, ovvero ritardi simili tra i raggi-X ad alta energia e gli echi rielaborati. Ciò ha aiutato a monitorare rapidamente il cambiamento negli echi dei raggi X in ogni fase durante l’esplosione di un buco nero. Il team ha identificato un’evoluzione comune a tutti i sistemi:

Durante questo stato di transizione hard-to-soft, il team ha scoperto che i ritardi temporali aumentavano momentaneamente in tutti e 10 i sistemi. Il che implica che anche la distanza tra la corona e il disco aumentava.

Una spiegazione possibile a questa evidenza sperimentale è che la corona potrebbe espandersi brevemente verso l’esterno e verso l’alto, in un’ultima esplosione ad alta energia prima che il buco nero termini il suo “pasto stellare”. Ci sarebbe quindi un’esplosione finale di particelle ad alta energia prima che la corona sparisca del tutto.

Questi risultati potrebbero aiutare a spiegare come i buchi neri supermassicci più grandi al centro di una galassia possano espellere particelle su vaste scale cosmiche per modellare la formazione di una galassia. Erin Kara, assistente professore di fisica al MIT, afferma:

Il ruolo dei buchi neri nell’evoluzione delle galassie è una questione importante nell’astrofisica moderna. È interessante notare che questi sistemi binari di buchi neri sembrano essere “mini” buchi neri supermassicci. Comprendendo le esplosioni in questi piccoli sistemi vicini, possiamo capire come esplosioni simili nei buchi neri supermassicci influenzino le galassie in cui risiedono.

Kara sta anche lavorando con gli studiosi di musica e istruzione del MIT, Kyle Keane e Ian Condry, per convertire l’emissione da un tipico eco di raggi X in onde sonore udibili. Kara e i colleghi stanno usando gli echi dei raggi X per mappare le vicinanze di un buco nero. Proprio come i pipistrelli usano gli echi sonori per navigare nell’ambiente circostante. Quando un pipistrello emette una chiamata, il suono può rimbalzare su un ostacolo e tornare al pipistrello come un’eco. Il tempo necessario per il ritorno dell’eco è relativo alla distanza tra il pipistrello e l’ostacolo, fornendo all’animale una mappa mentale dell’ambiente circostante.

In modo simile, il team del MIT sta cercando di mappare le immediate vicinanze di un buco nero utilizzando echi di raggi X. Gli echi rappresentano ritardi temporali tra due tipi di luce a raggi X: la luce emessa direttamente dalla corona e la luce dalla corona che rimbalza sul disco di accrescimento di gas e polvere inspiranti. Nel seguente video uno dei primi tentativi di Kara e colleghi. Credits: Massachusetts Institute of Technology.

Il tempo in cui un telescopio riceve la luce dalla corona, rispetto a quando riceve gli echi dei raggi X, fornisce una stima della distanza tra la corona e il disco di accrescimento. Guardare come cambiano questi eco di luce, e quindi i corrispondenti ritardi temporali, può rivelare come si evolvono la corona e il disco di un buco nero mentre il buco nero consuma materiale stellare.

“Siamo all’inizio della possibilità di utilizzare questi echi di luce per ricostruire gli ambienti più vicini al buco nero” afferma Kara. “Ora abbiamo dimostrato che questi echi sono comunemente osservati e siamo in grado di sondare le connessioni tra il disco, il getto e la corona di un buco nero in un modo completamente nuovo”.

Lo studio, pubblicato su The Astrophysical Journal, è disponibile qui.

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